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Piana lametina, dove la coltura della vite diventa storia di vini doc

Vino E Cibo

Coricata sull’istmo che separa i due mari, la piana lametina è il luogo prediletto per la coltura della vite che si intreccia con la storia dei vini locali. Terra aspra e lussureggiante assieme, altera e generosa in egual misura. Selvatica e anarchica come una giovinetta, amara e disillusa come una donna consumata dal tempo. Ossimorica falsariga di abbondanza e miseria, questa terra è la madre di tutte le contraddizioni del mondo. La stessa madre accogliente che concesse rifugio a Ulisse e con commiato impenitente lascia che i suoi figli la abbandonino, reclama sentimenti senza riserve. Se la statistica la determina fanalino di coda nella quasi totalità delle classifiche, lei risponde vantando di aver concesso i natali alle eccellenze vinicole dei Lamezia doc.

Il vino, amico degli ultimi e dei dimenticati

Cantato da poeti maledetti e celebrato da errabondi viveur, il vino diventa un movimento, l’emblema di una generazione, il documento di riconoscimento di uno scampolo di terra. Baudelaire lo accostava alla poesia e alle virtù, passando in rassegna i rudimenti essenziali per “non essere schiavi martirizzati dal Tempo”. Il nostro Saba gli dedicò pure un componimento, domandandosi cosa ci trattenga dal bere, se la vita è tanto amara e il vino così dolce.

Chitarra E Vino

E poi il più stoico tra i diseredati, il poeta del dolce malessere, il demone che la musica italiana non ha mai fino in fondo capito, nè meritato. Piero Ciampi, Litaliano. Il cantatutore livornese, vagabondo della vita, amico di una chitarra e di un fiasco di vino. Abituato a stare tra gli ultimi, tra i miserabili, tra i disgraziati, come loro il vino lo beveva e lo cantava. Un canto così franco e disperato pare volerci suggerire che il bicchiere sempre pieno sia l’unica maniera per sostenere il peso del mondo.

Coltura della vite è anche un calice per brindare all’ora felice

Nell’epoca dei brunch e degli happy hour, il buon vino è diventato di certo un elemento cardine dei banchetti. Le popolate piazze cittadine sono oramai puntellate di vinerie, lounge bar, enoteche dall’allure moderno ed estroso che hanno fatto dell’aperitivo un principio costituente il nuovo secolo. Badiali taglieri di formaggi e salumi si accompagnano a decanter e calici di pregiati vini, prodotti negli assolati vigneti del Belpaese.

Vino E Salumi coltura della vite
Un ricco tagliere di salutmi accompagnato da del buon vino doc

Relegate ormai al millenio scorso le iconiche bottigliette di bitter appaiate alle ciotole di patatine da sacchetto e qualche sporadica arachide. Quando ancora l’aperitivo non era una istituzione, si consumava sui rossi tavolini di plastica firmati “Algida”. Il vino conservava, invece, il suo animo campagnolo e rustico, compagno fidato di un campanilistico piatto di spaghetti al pomodoro fresco. Commensale del contadino e compagno delle gite fuori porta, il vino italiano, dal carattere audace e nerboruto, rispecchia perfettamente l’indole italica.

Tra vigneti assolati, dalla Magna Grecia ai giorni nostri

Le lussureggianti distese di vite appoggiate sulla piana tirrenica, ne rappresentano una cruciale coordinata. Fino a non molto tempo fa l’istantanea enologica della Calabria, ritraeva quasi esclusivamente i vitigni della casata Cirò, mantenendo lontano dal punto focale l’altrettanto pregiato nettare di Lamezia Terme. Succede, infatti, che talvolta l’ostico nemico vada cercato dentro le mura domestiche e la resistenza al decollo di questa dolce amara terra forse debba essere imputato a chi ne porta il cognome. Già nel 1882, infatti, perfino l’archeologo francese François Lenormant, durante il suo pellegrinaggio esplorativo in terra magnogreca, tra una picchettata e l’altra, rimase rapito dal gusto corposo, armonico ed elegante del rosso lametino.

Vino Rosso coltura della vite
Un buon calice di rosso

Un vino oggi conosciuto e apprezzato anche oltre i confini continentali. Compresi tra le falde occidentali del Massiccio del Reventino e le interminabili distese della costa tirrenica, ettari di vigne si propagono nei suoi comuni satellite e Lamezia Terme, dal quale prende il nome il pregiato vino. Questa porzione di Mediterraneo, infatti, dopo la zona crotonese del Cirò, è la più vitata della Calabria. Vocata da sempre alla coltura della vite.  L’eccellente conformazione morfologica del territorio e un clima ottimale per la coltivazione della viris vinifera sativa, era già noto ai Fenici prima e ai Greci poi, popoli testatori di una eredità che oggi si impone su tutte le altre coltivazioni locali.

La coltura della vite e i vini doc

La prestigiosa palma è stata conferita al  nettare d’uva solo nel 1978, perchè rispettoso delle composizioni ampelografiche richieste. I rossi di Lamezia, che coprono la più alta percentuale di produzione, raccontano al gusto e all’olfatto le loro radici. Vini taurini e rustici, si distinguono per la lunga fermentazione, il sapore asciutto, una gemmatura dal sentore legnoso e una sanguigna cromatura tendente al granato. Tra i rossi, spiccano il novello e il riserva.  Dalla locale varietà a bacca nera si estraggono due eccellenze: il Lamezia Greco Nero e Il Gaglioppo.

Vino Bianco coltura della vite

I bianchi, dalla connotazione chiaramente più gentile, brillano di un giallo paglierino e donano al palato un sapore fresco e armonico. Celebrati, tra questi, il Lamezia Greco e il Mantonico, perfetti da accostare a una saporita frittura di pesce in riva al Tirreno per una indimenticabile esperienza mistica. Una minuta porzione di produzione è dedicata anche ai rosati, ai passiti e agli spumanti. La coltura della vite si esprime con l’antica tradizione delle sue origini e le sue tecniche vecchie e nuove.

Le cantine lametine

A Lamezia Terme, nel corso degli anni, si sono affermate due grandi Casate di Vini: le aziende Statti e Lento. È dal 1700 che la Famiglia dei Baroni Statti vive sugli stessi cinquecento ettari di terra. Un ancestrale legame che intreccia il lignaggio alla vigna, trasformando l’uva in un elemento quasi genealogico. Qui, la famiglia Statti dirige una delle più vive orchestre agricole del Meridione. L’altra grande dinastia vinicola fa capo alla famiglia Lento. Quattro generazioni di maestri viticoltori che, nell’ avvicendarsi delle stagioni e della discendenza, si distinguono per l’attenzione all’impatto ambientale nell’intera filiera vinicola. Altre cantine di modeste dimensioni ma pari dignità costellano la piana lametina, confermando il ruolo di prim’ordine del comune nel settore vitivinivolo.

vendemmia e coltura della vite
Un tipico vigneto della piana lametina

La biografia dei Nicotera Severisio, ad esempio, narra di un araldo, come il nome assegnato ad uno dei loro vini più apprezzati, i cui vigneti rispecchiano in tutto e per tutto il cuore antico e nobile della casata, imbottigliando un prodotto gustoso e pregno di tradizione. Anche quella dei Davoli è una storia a conduzione familiare. Dal 1890 nelle rigogliose terre di proprietà si coltivano vitigni autoctoni, carezzati con cura da una discendenza che ha seminato nel terriccio gemme, fatica e un sacro legame di appartenenza, alla stirpe e alla terra che la ha generata. E poi la più innovativa e vivace cantina Pugliese, capitanata da un giovane chef che, ammodernando l’azienda di famiglia, è riuscito a canonizzare il più stuzzicante tra i rapporti amorosi: quello tra il cibo e il vino. All’operato delle aziende vitivinicole sopracitate, si aggiungono tante piccole realtà di pari merito. Un caleidoscopio di enoteche e vinerie diffuse per i caratteristici angoli cittadini, oggi contribuiscono a rendere Lamezia Terme una stimata e temuta concorrente nel mercato enologico.

Piana lametina, dove la coltura della vite diventa storia di vini doc ultima modifica: 2021-04-27T08:22:56+02:00 da Martina Falvo

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