Sant’Antonio da Padova è indubbiamente il santo più amato a Lamezia, insieme a San Francesco di Paola. Il Taumaturgo di Lisbona è protettore della città ma, in verità, nell’accezione popolare viene considerato a tutti gli effetti il patrono della comunità lametina.
Il santuario
L’effige sacra del santo è venerata nell’antico santuario sul colle che domina tutta la città, nella vecchia Nicastro. Accanto alla chiesa vi è il convento dove risiedono i frati minori cappuccini che custodiscono il santuario. Il convento attuale fu costruito dopo il 1638. Per quanto riguarda il santuario, che attualmente ha due navate, i lavori iniziarono nel 1740 e si conclusero nel 1928.
Sull’altare maggiore, tutto in legno, campeggia un dipinto raffigurante la Madonna degli angeli. Il tabernacolo è a forma di tempietto con colonnine e capitelli risale al 1742. A lato dell’altare maggiore, è in grande evidenza un affresco che ricorda un avvenimento di cui si parla anche nei documenti della curia vescovile di Nicastro. Nel dipinto alcuni marinai a bordo di due imbarcazioni, travolte in mare dalla tempesta, riescono a salvarsi grazie all’intercessione del santo.
Santo patrono e protettore
Nella cittadina calabrese il culto per il santo nato a Lisbona e poi vissuto a Padova, è nato nella metà del 1600. Secondo le fonti storiche, il guardiano del convento Padre Lorenzo da Gimigliano era gravemente malato e i medici disperavano di salvarlo. Sant’Antonio apparve in sogno al religioso e lo guarì. La notizia della guarigione miracolosa si diffuse a tal punto che anche il vescovo dell’epoca volle che se ne conservasse memoria nell’archivio del convento. Padre Lorenzo, in segno di devozione, iniziò prima una novena di ringraziamento al santo. I nove giorni di preghiera in onore del taumaturgo, col tempo, divennero tredici. Il culto per il ‘Padovano’ crebbe a dismisura grazie alla predicazione del Venerabile Antonio da Olivadi.
Fu lui che fece costruire a Napoli nel 1685 la statua lignea del santo che ancora viene portata in processione. Sempre in segno di grande deferenza verso l’amato taumaturgo fu edificata una cappella illuminata da tredici lampade in argento che ardevano notte e giorno. Re Carlo dei Borbone proclamò Sant’Antonio patrono e protettore della città, nonostante Nicastro avesse già due patroni: San Pietro e San Paolo. La festa di Sant’Antonio fu di precetto fino al 1860 nel regno di Napoli e di Sicilia. I Borbone, nel tempo, hanno concesso privilegi e insegne reali alla cappella del santo. Ancora oggi, all’ingresso del santuario, sono ben evidenza queste insegne con lo stemma dei reali di Napoli.
La Tredicina
Per rendere omaggio al veneratissimo santo che, secondo la tradizione popolare, diverse volte salvò Nicastro dal terremoto e da altre calamità, la fraternità cappuccina organizza ogni anno la solenne Tredicina. Dal 31 maggio al 13 giugno, giorno in cui si festeggia Sant’Antonio Dottore della Chiesa, il santuario sul colle è affollatissimo di fedeli.
Migliaia di persone, dalle 5 del mattino fino a sera, partecipano alle celebrazioni eucaristiche e ai momenti di riflessione tenuti dai religiosi. Le celebrazioni antoniane, ogni anno, si confermano come un momento imprescindibile per la vita religiosa dei lametini e anche per i fedeli che arrivano dall’hinterland e da tutta la regione. Dal 31 gennaio 2008, infatti, la Fraternità dei padri minori di Lamezia è l’unica provincia cappuccina di tutta la Calabria.
Il culto che resiste ai secoli
La devozione per il Taumaturgo, nato a Lisbona e morto a Padova, non conosce remore e tentennamenti. In suo onore, ogni anno, la città si veste a festa: sui balconi di ogni quartiere vengono accesi i quadri raffiguranti il santo contornato dalle tredici stelle; immagini che restano illuminate per tutto il mese di giugno e non solo durante i giorni della festa.
Alla Tredicina partecipano anziani, giovani, intere famiglie. Il ‘Padovano’ riesce ad unire tutti: ogni giorno della Tredicina ha un tema diverso che viene trattato dai tanti sacerdoti che si alternano sull’altare. Una devozione antica, espressione di una fede genuina e autentica che l’evoluzione dei tempi non ha scalfito.