Quarantena lontana da casa: una calabrese a Milano - itLameziaTerme

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Quarantena lontana da casa: una calabrese a Milano

Quarantena - Duomo

Dallo scoppio dell’emergenza sanitaria da Coronavirus e conseguente quarantena con “chiusura delle frontiere”, sono stati tanti i furbetti che hanno aggirato i divieti per tornare nelle proprie case lontane chilometri dai luoghi di lavoro. Resteranno impresse nella memoria le immagini di ‘fiumi di meridionali‘ che lasciavano le regioni del Nord accalcandosi nelle stazione ferroviarie. Una migrazione al contrario che ha fatto tremare di paura il sud d’Italia. Tra quarantena obbligata e purtroppo tanti contagi, ancora non si può escludere del tutto il rischio di collasso delle nostre strutture sanitarie. La mancanza di reparti di terapia intensiva adeguati per accogliere gli ammalati ha determinato dure prese di posizione da parte delle istituzioni contro questo esodo.

 Martina falvo in calabria
Martina Falvo

Il governo ha invocato il #restateacasa per non mettere a rischio la vita di molti. Per contro ci sono però tantissime persone di cui, ahimè, si parla poco che soffocando ogni desiderio e istinto, hanno deciso di restare al Nord. Per questa quarantena. Gente che aggiunge al dispiacere dell’isolamento forzato quello di trovarsi lontano da casa e dai propri affetti.  Lo ha fatto per amore e responsabilità civile pagando un prezzo altissimo.

Quarantena a  Milano
Veduta del centro di Milano

Tra queste c’è una collaboratrice di Italiani.it, Martina Falvo, che vive in un quartiere periferico di Milano, Lambrate, che dista una ventina di minuti dal centro. Fa l’assistente sociale all’ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna del capoluogo lombardo. Nei pressi di Viale Papiniano, a pochi minuti dal Duomo di Milano. Martina ha lasciato la sua famiglia che vive in una piccola frazione di Serrastretta, nel lametino. L’abbiamo sentita per sapere come sta trascorrendo questa quarantena.

Come stai vivendo questa quarantena lontana dalla tua famiglia?

Sono abituata a vivere lontana da casa. Milano non è la mia prima volta. Gli anni universitari, il programma Erasmus a Malta, i tanti viaggi fatti e tutti quelli in programma. Anche se forse, in fondo, non ci si abitua mai. Neanche sulla soglia dei trenta. Trasferirsi nella città meneghina non è stato tanto arduo, stiamo pur sempre parlando della capitale culturale ed economica del Paese. Ammetto, però, che quei “tanto non torni. Chi va a Milano per lavoro, poi ci rimane”, rivolti da amici e famigliari, sono stati un boccone amaro da mandare giù. Non è semplice lasciare gli affetti, il mare, la familiarità delle proprie abitudini.

Galleria Vittorio Emanuele
Galleria Vittorio Emanuele ‘cuore’ del capoluogo lombardo

Quando, dopo l’ennesimo monologo teso a bilanciare i pro e i contro di questa scelta, ti accorgi che hai concesso fin troppo tempo a quei “se non va bene neanche questa, allora poi…”, nella valigia, insieme a sciarpe e pacchi di caffè Guglielmo, lasci un po’ di spazio per l’audacia e un altro poco per la solerzia. Ti prendi i baci sulla fronte, concedi rassicurazioni, prometti che una volta tanto sarai prudente e sali su quel Lamezia-Milano che ti porterà dall’altro capo d’Italia. Se avessi saputo che quell’intercity con cambio a Napoli sarebbe stato l’ultimo preso per un bel po’, però, non avrei sbuffato più del treno per quei 20 minuti di ritardo. Cerco di non lasciarmi sopraffare dalla malinconia, ma a volte diventa inevitabile. E forse è giusto così.

In questa quarantena, c’è spazio per la paura?

Naturalmente. Penso sia umano e fisiologico provare paura in questo momento. Non poter esercitare alcun controllo, percepirsi impotenti, incontrare una serie di difficoltà anche di fronte alla routine. Avevo dei piani prima che mi trovassi catapultata in questa assurda situazione. All’improvviso, nel giro di qualche giorno, ho avuto l’impressione che l’intero ‘edificio dei programmi’ meticolosamente progettato, si stesse sgretolando e che io non potessi far altro che stare a guardare, inerme. Questo mi ha spaventata.

Il cuore è lì, nella mia Calabria

Le preoccupazioni, poi, sono molteplici: tutelare se stessi, le persone con le quali condividi l’appartamento e quelle che incontri quando vai a fare la spesa. Non sapere cosa ne sarà del lavoro e se il prossimo mese riuscirai a pagare l’affitto. La gran parte della mia apprensione, però, è proiettata giù. Penso ai miei nonni, alla mia famiglia, ai miei amici. Penso al fatto che la Calabria non abbia i mezzi e gli strumenti per affrontare l’emergenza sanitaria. La prima occhiata è riservata al quotidiano bollettino della mia regione. Il cuore è lì, inevitabilmente.

Ti ha mai sfiorato il desiderio di prendere il primo treno e tornare a casa?

Ricordo molto bene quella sera e penso sia destinata ad avere un bel posto d’onore tra quelle che non dimenticherò mai più. Stavo cenando, guardavo la tv ed ero al telefono con mia madre. Improvvisamente “edizione straordinaria: tutta la Lombardia diventa zona rossa“. Prima ancora che il decreto si trasformasse in fuga verso il Sud, avevo già deciso che su quel treno non ci sarei di certo salita. E la mia famiglia ha appoggiato la mia scelta. Sono fortunata.

Quarantena Stazione Cadorna
Stazione Cadorna a Milano – Foto Martina Falvo

Non lo avevo fatto qualche settimana prima, nonostante rientrasse nei miei programmi, di certo non lo avrei fatto in quel momento. Ho avuto la percezione, come mai prima di allora, di avere una grossa responsabilità. Fortunatamente, ho sempre riflettuto molto sulle decisioni da prendere, probabilmente troppo. E se questo a quindici anni ti crea dei problemi e ti rende insolita agli occhi dei coetanei, a trenta forse ti salva. Non penso di aver fatto nulla di straordinario: ho solamente rispettato un decreto legge emanato e l”obbligo della quarantena.

stazione centrale milano

Allo stesso tempo, non mi sento di puntare il dito contro quanti hanno preso decisioni differenti dalla mia. Ci possono essere miliardi di ragioni che spingono un ragazzo a fiondarsi alla stazione di Garibaldi, prendere il primo intercity notte e tornare a casa. Tante le motivazioni: il comprensibile spavento, la preoccupazione di genitori apprensivi, la percezione del senso di costrizione, la paura di non riuscire a pagare l’affitto spropositato del monolocale. Certo, però, sarebbe stato meglio concedersi qualche minuto di riflessione in più e valutare l’eventuale decisione con maggiore consapevolezza e razionalità

Come stai passando le tue giornate?

Alla stessa maniera dell’80 per cento degli italiani, suppongo. Non lavoro più dal 12 marzo ed è da quel giorno che ho allentato il ritmo. Vivo da oltre sei mesi nella città che corre e non concede né soste, né fermate. Fortunatamente, però, ho preservato con zelo la propensione alla vita lenta e placida che compone il DNA di noi meridionali. Per cui non è stato difficile tirare un po’ il freno a mano. La sveglia non suona più alle 7 del mattino, mi siedo per fare colazione, cosa non sempre così scontata quando devi condividere un bagno ed essere a lavoro in orario.

sveglia del mattino
L’organizzazione della giornata

E, mentre verso il caffè nella tazzina, programmo la giornata: scrivo, leggo, recupero qualche film. Al posto del solito “petto di pollo alla piastra senza infamia e senza lode”, visto che adesso – in quarantena – a mancare non è di certo il tempo, sperimento qualche piatto nuovo. Organizzo il poco spazio che ho a disposizione nella camera doppia che condivido con la mia coinquilina e improvviso lezioni di ballo. Mi perdo nei meandri del web in cerca di documentari interessanti. Passo ore di fronte alla cartina geografica appesa sopra al mio letto, immaginando dove mi piacerebbe andare non appena sarà possibile. Penso che avere qualche passione e una buona dose di curiosità, in casi come questo, siano la chiave di volta contro l’inedia.

Che clima si respira a Milano?

Trascorro la maggior parte del tempo dentro a una stanza, quindi il massimo che riesco a carpire è la maniera di impiegare il tempo del dirimpettaio. Però, in quelle poche ore di “libertà” settimanali, durante le quali esco per fare la spesa, fuori vedo una Milano spenta, amara e sepolcrale. Come non la ho mai vista prima. La vera percezione che le cose stessero prendendo una piega inverosimile, però, l’ho avvertita all’inizio dell’epidemia, quando ancora andavo a lavoro. Non nego di essere tra quelli che, inizialmente, hanno ridimensionato la severità della circostanza.

Quarantena- Milano Arco Della Pace
All’Arco Della Pace – Foto Martina Falvo

Più che altro perché mi pareva assurdo pensare che una cosa tanto kafkiana stesse accadendo. Con quella velocità poi! Ma, trovare il posto a sedere in metro, di solito strabordante di persone, arrivare a lavoro e respirare agitazione, angoscia e igienizzante per le mani. Non trovare uova e farina al supermercato, dopo aver atteso almeno un’ora prima di entrare, indossare guanti e mascherina anche per andare a buttare il pattume. Di certo tutto questo non rientrava nell’ordinario. Ricordo ancora perfettamente le parole di una collega “quest’aria non mi piace. Ho una brutta sensazione”. E la brutta sensazione iniziava a soffocare anche me. 

Pensi che questa esperienza di isolamento ti cambierà?

Forse ancora è presto per poter immaginare come e quanto saranno cambiate le cose là fuori o quanto lo saremo noi qua dentro, una volta usciti da questa brutta esperienza. Mi auguro, però, che tutta questa storia possa renderci maggiormente capaci di scindere le cose davvero importanti da quelle che lo sono meno. Mi auguro che ci renda più consapevoli della fragilità e caducità delle cose, delle relazioni e del tempo. Il virus ci ha messi di fronte ad una delle più grandi verità che concernono l’essere umano: non siamo invincibili, siamo effimeri e vulnerabili. E questo non è necessariamente un principio negativo.

i Navigli a milano
I Navigli a Milano

Per quanto mi riguarda, non credo diventerò improvvisamente più o meno cordiale, espansiva e affettuosa di quanto già non lo fossi prima. Non basta una pandemia a cambiare tanto radicalmente le persone. Ma, di sicuro, sarò una procrastinatrice meno incallita. Magari qualche fossato proverò a saltarlo senza stare lì troppo tempo a rimuginare. E mi lascerò meno condizionare dal tempo e da scialbe scuse. Mi auguro solo di non dimenticarle troppo in fretta, queste sensazioni.

Cosa desideri fare appena finirà la quarantena?

Come tutti, ho già pensato a cosa fare una volta uscita da questa stanza. Quando potrò farlo, sarà sicuramente giunta la bella stagione. E, allora, mi concederò subito una interminabile e rigenerante passeggiata senza meta e in solitaria. Sentirò di sicuro la necessità di rielaborare a mente lucida quanto è accaduto. Credo mi fermerò a mangiare un gelato, sì, un gelato al pistacchio.

martina falvo a matera
Sognando l’estate e le vacanze – Foto Martina Falvo

Il primo volo che prenderò, mi porterà di sicuro a casa mia. Poi spero di poterne prendere molti altri. Ho già stilato interminabili liste dei posti nei quali mi piacerebbe andare. E sogno il mare. Ecco, se adesso potessi tele-trasportarmi in un posto e in un tempo felice, sarei di sicuro in spiaggia, circondata dai miei amici e con la pancia stracolma di pizza. È davvero incredibile come cose fatte centinaia di volte, ora siano condizioni ardentemente desiderabili.

Quarantena lontana da casa: una calabrese a Milano ultima modifica: 2020-04-08T09:52:38+02:00 da Raffaella Natale

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